Biennale d'Arte: Guerra e pace, a Venezia l'arte sfida i confini con la mostra “Stranieri Ovunque”

Il presidente Buttafuoco: “La diversità crea nutrimento e linfa”

L'ingresso al padiglione centrale
di Simona Antonucci
4 Minuti di Lettura
Giovedì 18 Aprile 2024, 06:20 - Ultimo aggiornamento: 24 Aprile, 11:26

«L’essere straniero tra gli stranieri, a piedi scalzi, è il viandante in cammino fra i percorsi impervi, il mendicante i cui stracci spesso nascondono la presenza di un Dio. È Enea che lascia alle spalle il fuoco di Ilio per fondare quella civiltà dell’universale dove nessuno più è un barbaro ma un cittadino». Pietrangelo Buttafuoco, il nuovo presidente della Biennale di Venezia, nel presentare la 60esima mostra d’Arte, a cura di Adriano Pedrosa Stranieri Ovunque - Foreigners Everywhere, dal 20 aprile al 24 novembre, ai Giardini, all’Arsenale e a Forte Marghera, dilata e moltiplica il significato del titolo, dichiarando che «in tempo di guerra è necessario che i saggi, l’aristocrazia del pensiero, facciano fronte alla catastrofe».

L’ATTUALITÀ

Cita l’incontro tra Mitterand e Kohl, Kant, Giorgio La Pira e Pio La Torre, e aprendo una finestra sull’attualità (proteste anche per la libertà in Iran, con un cappio al Ponte dell’Accademia), inserisce in una riflessione più ampia («la parola di oggi è pace»), la notizia che il Padiglione d’Israele resterà chiuso, per scelta del curatore e degli artisti, “sino a che non sarà pattuito un cessate il fuoco e non saranno liberati gli ostaggi”. «Non possiamo far finta che non sia successo niente e non ci possiamo dar pace, di aver smarrito il dovere di pace», commenta il presidente, «e questa decisione degli artisti israeliani capovolge il senso stesso dell’arte e mette in opera la verità dell’oggi. Il padiglione allestito, che non apre, per dirlo con Magritte, è un fatto d’arte, è il genio dell’arte che sa trovare una risposta all’accadimento dell’oggi». Secondo lo scrittore e giornalista siciliano, 60 anni, che con il suo intervento di presentazione dell’evento ha raccolto un lungo applauso, il curatore Pedrosa ha aperto un capitolo di profonda riflessione che riguarda tutti «perché la fatica dell’arte ricrea una dimensione dove strano, straniero, e straniante diventano nutrimento e linfa. Soprattutto a Venezia, città dove da sempre ogni straniero trova domicilio».

I LEONI

La mostra, che ha insignito dei Leoni alla carriera ad Anna Maria Maiolino e Nel Yalter, mentre gli altri premi verranno proclamati il 20, spazia nel tempo, nella diversità di linguaggi artistici e in terre per troppo tempo lasciate ai margini. «Ovunque si vada e ovunque ci si trovi si incontreranno sempre degli stranieri: sono, siamo dappertutto. E a prescindere dalla propria ubicazione si è sempre veramente stranieri», interviene Pedrosa, 59 anni di Rio de Janeiro, direttore artistico del Museo d’Arte di San Paolo del Brasile, primo curatore sudamericano della Biennale Arte che ha ideato un percorso che abbraccia tessile, scultura, pittura, scultura, poco digitale e grandi installazioni, frammenti di bellezza marginalizzata che trovano posto anche all’aperto, firmati da artisti outsider, folk, popular, indigeni, queer. «Stranieri ovunque», continua, «è una espressione che arriva da una serie di lavori di Claire Fontaine che a sua volta riprende il nome di un collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva contro il razzismo e la xenofobia».

Un murale di oltre 700 metri quadrati che copre la facciata del Padiglione Centrale ai Giardini accoglie i visitatori con un trionfo di colori, alberi, uccelli, pesci per narrare la storia del “ponte-alligatore”, un coccodrillo che in cambio di cibo veniva usato dagli uomini per passare da una terra all’altra: metafora di migrazione, distacco dalle origini, e ingresso al percorso che allinea 331 artisti, dalla Cina al Pakistan, dal Messico al Sudafrica, tra nomi affermati, contemporanei o storici, Beatriz Cortez e Simone Forti, Frida Khalo e Tina Modotti, Yinka Shonibare, Ana Segovia, artisti queer, outsider, folk, indigeni e dimenticati come Aligi Sassu. Ampia la gamma delle opere e dei temi trattati.

ITALIANI OVUNQUE

Bella la sala con i nudini di De Pisis, potente il lenzuolo sindone di Teresa Margolles con l’impronta di un giovane morto ai confine tra venezuela e Colombia, e poi il video di Alessandra Ferrini con l’incontro tra Berlusconi e Gheddafi. Ritratti (112 artisti per 39 Paesi), astrazioni (37 per 21 Paesi), ricostruzioni di ambienti, con mobili dipinti a mano come nella Cantina de la Touriste di Sol Calero e di scuole creative come nella sezione “Italiani Ovunque” dedicata alla creatività di artisti italiani che hanno vissuto all’estero con le opere esposte con il sistema cavalete de cristal ideato da Lina Bo Bardi.

IL PAPA

L’esposizione di Pedrosa declinata in due nuclei, Storico e Contemporaneo, sarà affiancata da 87 partecipazioni nazionali negli storici Padiglioni con 4 Paesi presenti per la prima volta: Repubblica del Benin, Etiopia, Repubblica Democratica di Timor Leste e Repubblica Unita della Tanzania. Il Padiglione Italia alle Tese delle Vergini è a cura di Luca Cerizza, con il progetto Due qui/To hear di Massimo Bartolini, mentre il Padiglione della Santa Sede, promosso dal Prefetto del Dicastero per la Cultura e l’Educazione della Santa Sede, cardinale José Tolentino de Mendonça, avrà luogo nella casa di reclusione femminile di Venezia alla Giudecca: la mostra, che ha come titolo Con i miei occhi, a cura di Chiara Parisi e Bruno Racine, il 28 riceverà la visita del Papa. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA