Maurizio Pollini è morto: il più grande pianista italiano aveva 82 anni. Chi era. I complimenti di Arthur Rubinstein al 18enne milanese

Una carriera eccezionale iniziata nel 1960. La camera ardente sarà allestita alla Scala di Milano

Maurizio Pollini è morto: il più grande pianista italiano aveva 82 anni. Chi era. I complimenti di Arthur Rubinstein al 18enne milanese
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Sabato 23 Marzo 2024, 12:50 - Ultimo aggiornamento: 20:35

Maurizio Pollini è morto: il pianista celebre fin dal 1960 aveva 82 anni. Ne dà notizia il Teatro alla Scala di Milano, che «piange» la sua scomparsa, «uno dei grandi musicisti del nostro tempo e un riferimento fondamentale nella vita artistica del Teatro per oltre cinquant'anni», si legge nella nota del Teatro milanese.

«Il Sovrintendente Dominique Meyer, il direttore musicale Riccardo Chailly, i professori dell'Orchestra e i lavoratori scaligeri sono accanto alla moglie Marilisa, al figlio Daniele e a tutta la famiglia. La camera ardente del Maestro Pollini si terrà al Teatro alla Scala. I dettagli saranno comunicati prossimamente», conclude la nota.

Uno dei suoi ultimi concerti a roma risale al 2022 quando, dopo un "vuoto di cinque anni, suonò per l'Accademia di Santa Cecilia. Il più grande pianista italiano si esibì all’Auditorium Parco della Musica dopo la forzata cancellazione a causa della pandemia di ben tre date previste nel 2020. Alla ribalta da più di sessant’anni, quando nel 1960 vinse diciottenne il concorso Chopin, il maestro milanese è ammirato in tutto il mondo per la profondità delle sue letture e la vastità del repertorio affrontato. Alfiere della musica contemporanea, ha sempre mantenuto un grande interesse per il repertorio romantico e del primo Novecento, senza però dimenticare quello settecentesco. I suoi concerti sono sempre dei viaggi nel pensiero musicale degli autori affrontati, restituiti al pubblico con lucidità magistrale.

Due anni fa il suo ritotrno venne dedicato a tre compositori fra i più amati da Pollini, con la Bagatella in mi bemolle maggiore op. 126 n. 3, la monumentale Sonata op. 101 di Beethoven e la Fantasia op. 17 di Schumann, mentre la seconda parte del concerto è dedicata all’amato Chopin con la Mazurca op. 56 n. 3, la Barcarola op. 60, la Ballata n. 4 op. 52 e lo Scherzo n. 1 op. 20. Negli ultimi anni - scrisse Luca Della Libera sul Messaggero - l’approccio di Pollini con il compositore polacco è diventato più libero, mentre sono immutati la capacità analitica e l’approfondimento timbrico.

Chi era

Maurizio Pollini, che il 5 gennaio aveva compiuto 82 anni, a 15 anni vinse il primo concorso internazionale e quando, tre anni dopo, nel 1960, da poco diplomato al conservatorio di Milano, vinse il prestigioso Concorso Chopin a Varsavia, Arthur Rubinstein, che era tra i giurati, esclamò : «Questo giovane suona tecnicamente già meglio di tutti noi».

La sua fama è diventata presto assolutamente internazionale ed è entrato nella leggenda della storia dei grandi pianisti.

Questo ha voluto dire disciplina durissima e continua e solo negli ultimi anni ha ammesso di «sentire una certa fatica. Pollini è morto questa mattina, era malato da tempo e per motivi di salute aveva cancellato gli ultimi concerti in programma.

La camera ardente, come già avvenuto per Carla Fracci, si terrà alla Scala, teatro a cui Pollini era legatissimo. I suoi studi, dopo il successo a Varsavia, continuarono ed ebbero un momento alto nel perfezionamento con Arturo Benedetti Michelangeli che lo aiutò anche a lavorare ulteriormente sulla tecnica che, assieme a una profonda cultura musicale e alla bravura, gli permise sempre di mettere in evidenza la costruzione strutturale di un brano affrontato con spirito razionale, ma in cui fa poi affiorare pian piano il sentimento, la vena malinconica o appassionata come sostanza stessa dei dettagli e della forma della composizione, con una minore rigidità arrivata anche col tempo: «Credo oggi la mia interpretazione sia più libera nel ritmo e che ci siano maggiori elementi di 'rubato '- confessava cinque anni fa - ma restando sempre lontano da esagerazioni di fine Ottocento».

La sua è sempre stata un'interpretazione basata sul rispetto totale del testo scritto, ma restando sempre molto moderna, senza abbandoni lirici o eleganze virtuosistiche, con una forza espressiva tutta interna al lavoro. Una modernità che era nella sua formazione culturale che, per ambiente famigliare (suo padre era un noto architetto razionalista e la madre una musicista sorella del pittore e scultore Fausto Melotti) e frequentazioni negli anni '60, a partire da quella con Nono, non visse l'arte e la musica come qualcosa di distaccato dalla vita e quindi ne ha fatto un artista intellettuale che ha sempre espresso pubblicamente le sue idee e il suo impegno civile e politico, come quando negli anni '70 suonò in scuole e fabbriche, o quando espresse le sue opinioni, critico dai tempi della guerra in Vietnam ai governi Berlusconi. Così i suoi interessi musicali, il suo repertorio non sono rimasti circoscritti nel continuo approfondimento, ma anzi si sono aperti via via a nuove prove e esplorazioni che andavano da Bach (per Pollini, come ha scritto Piero Balloi, Bach è quasi un romantico, notando l'uso alquanto generoso del pedale, l'impetuoso e fluente fraseggio, la sonorità spesso calda e avvolgente, in altri casi più asciutta e rifinita puntigliosamente, la gamma sempre vasta di colori dinamici), e Mozart, di cui ha portato a nuova luce tutte le sottili sfaccettature armoniche e timbriche, la bellezza delle linee melodiche, la giocosità e l'arguzia.

Passando per l'amatissimo Chopin, di cui, partendo alle nuove letture meno rigide di Rubinstein, ha rinnovato profondamente la comprensione, e Beethoven, sino ai moderni, tra cui spicca Schonberg, e i contemporanei anche italiani, come Berio e Nono. I suoi concerti, quando non riguardavano esecuzioni integrali di un autore, erano spesso organizzati in cicli che coinvolgevano anche altri musicisti. I »Progetti Pollini« erano programmi senza confini tra classico e contemporaneo, nel suo tentativo non di educare, ma di coinvolgere il pubblico nella musica del proprio tempo, spiegando: »Bisogna imparare a capire il silenzio, le pause, come parte essenziale della musica, se si vuole arrivare a comprendere i contemporanei. Le novità , del resto, hanno sempre spaventato e richiesto un certo tempo per affermarsi: quando Beethoven scrisse l'Eroica, tanti dissero 'speriamo che torni a comporre una musica più gentile'. Ma intanto la creazione va avanti.

La vita artistica di Maurizio Pollini, nato nel 1942 e cresciuto a Milano, è stata sempre strettamente legata al Teatro alla Scala, dove debuttò sedicenne nel 1958 eseguendo in prima assoluta la Fantasia per pianoforte e strumenti a corda di Ghedini diretto da Thomas Schippers e dove tornò due anni più tardi, reduce dalla vittoria a Varsavia, con il Primo Concerto di Chopin diretto da Celibidache, e poi costantemente per oltre 150 tra recital e concerti da solista o coi direttori più importanti, a cominciare dall'amico Abbado. Egli stesso si è misurato anche come direttore d'orchestra, anche nella lirica. Impossibile dire dove e con chi ha suonato Pollini in oltre 60 anni di attività; sarebbe un elenco lunghissimo che comprende tutte le maggiori sale da concerto del mondo, le orchestre e i direttori. Ha inciso decine di Cd e vinto premi di prestigio internazionale così come ha ricevuto numerose onorificenze.

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