Entro venerdì Giancarlo Giorgetti vuole chiudere la partita con i suoi colleghi ministri. Entro quella data attende sul suo tavolo proiezioni e previsioni sui tagli alla cosiddetta spesa discrezionale alle dotazioni dei dicasteri. A tutti loro, il responsabile dell’Economia, ha confermato in questi giorni che per il 2024 i ministeri devono individuare e recuperare altri due miliardi di euro, per una spending review mai necessaria come quest’anno. Va messa in cantiere una finanziaria con spazi di manovra risicati. Rispetto al passato ci sono nuove e più restrittive regole di bilancio della Ue, i venti di guerra che potrebbero affievolire la già debole crescita italiana (secondo le stime presenti nel Def un allargamento del conflitto israeliano-palestinese ci costerebbe una riduzione del Pil dello 0,2 per cento rispetto al +1 previsto per il 2024) e la pesantissima eredità di superbonus e altri crediti da 219 miliardi sulle casse statali.
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QUADRO PROGRAMMATICO
Nel Documento economico e finanziario presentato la scorsa settimana, il governo non ha “potuto” inserire il quadro programmatico, in attesa delle linee guida dalla Ue sulle nuove regole di bilancio.
Come detto, entro venerdì Giorgetti si aspetta la lista dei tagli dai suoi colleghi. I quali dovranno anche presentare un monitoraggio su quanto recuperato nel 2023. Anche perché il ministro è atteso lunedì prossimo in audizione a Montecitorio sul Def (dove farà il punto sullo stato dell’arte), mentre due giorni dopo arriverà il voto della Camera sullo stesso Documento economico e finanziario. Le relazioni stanno arrivando lentamente in via XX settembre. Ci sono da recuperare almeno 2 miliardi di euro, cioè il 5 per cento in più rispetto a quanto fatto nel 2023, compresi i 300 milioni già previsti. Soprattutto Giorgetti quest’anno non vuole fare sconti. E non a caso al Mef ricordano quanto il ministro scandì lo scorso anno a settembre dopo la presentazione della Nadef: «L’ho detto in Consiglio dei ministri: il lavoro che non hanno fatto i singoli ministri lo farà il ministro dell’Economia in loro vece e addirittura intensificherà i tagli». Più precisamente, con tagli lineari.
AMMINISTRAZIONI
Nel l’ultimo Def, i tecnici dell’Economia spiegano che, più in generale, «la spesa totale delle amministrazioni pubbliche nel 2023 (pari al 55,0 per cento del PIL) è aumentata del 3,8 per cento rispetto all’anno precedente». Ma a crescere è soprattutto la parte in conto capitale, quella degli investimenti sospinta anche dal Pnrr e che ha scontato dei rincari a energia e ai materiali. Più contenuto l’appesantimento della spesa in conto capitale, in salita del 14,8 per cento.
Questa tendenza può facilitare il lavoro dei ministeri. Che, almeno sul fronte degli acquisti di beni e servizi, si sono mostrati più virtuosi su questo fronte, risparmiando lo scorso anno quasi due miliardi. Nel Def, più precisamente nella relazione sulla razionalizzazione delle forniture, si legge che questa spesa «per il 2023 si è attestata sui 5,4 miliardi di euro pari a circa il 74 per cento della previsione comunicata (circa 7,3 miliardi di euro)», grazie alle convezioni e alle aste su piattaforme elettroniche gestite da Consip. I dicasteri, in questo modo, si sarebbero garantiti per le loro forniture (valore 11 miliardi di euro) risparmi tra il 10 e il 14 per cento rispetto ai prezzi di listino.