Il Volo: «La lite in radio? Discutiamo come fanno tutte le coppie sposate, solo che noi abbiamo le telecamere che ci riprendono»

Parla il trio che pubblica oggi "Ad Astra", il primo album di brani originali in quindici anni

Il Volo: «La lite in radio? Discutiamo come fanno tutte le coppie sposate, solo che noi abbiamo le telecamere che ci riprendono»
di Mattia Marzi
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Venerdì 29 Marzo 2024, 09:08

«Il pezzo più audace del disco? Forse», fa per rispondere Gianluca Ginoble. Non fa in tempo a finire la frase che dall'altra parte del telefono interviene Piero Barone: «Ad Astra». Ginoble riprende parola: «Ma no, ma anche Frammenti di universo, perché ci sono falsetti e perché è estremamente pop Per quanto pure Ad Astra, che dura cinque minuti». Di nuovo, non fa in tempo a finire di parlare che il compagno di gruppo vuole dire la sua, mentre il terzo componente, Ignazio Boschetto, tace (a Domenica In Ginoble lo ha definito una «bilancia»: «Io e Piero siamo la destra e la sinistra, i poli opposti»): «Però posso dirti? I falsetti non rendono un brano audace». «Sì, lo so, ma», prova a ribattere Ginoble, senza successo. La scena è simile a quella del botta e risposta in diretta radiofonica tra i due, durante Sanremo (si sono classificati ottavi con Capolavoro), il cui video ha fatto il giro dei social: «Ma si può parlare sempre per tutti e tre? Tu puoi essere altro, vuoi essere altro, continua ad essere altro: non parlare per me», aveva detto Barone a Ginoble, che spiegava come Il Volo potesse essere «anche altre cose», rispetto al belcanto.
Eppure i tre, che oggi pubblicano il nuovo album Ad Astra (il primo di brani originali in quindici anni), smentiscono le voci sulle tensioni.

Insomma, quanto c'è di vero?

«Rispetto a quali voci?».

Suvvia, quel bisticcio in radio è diventato virale.

«Per l'amor del cielo Lei è provocatorio.

Tra noi c'è un rapporto così forte che possiamo permetterci di dirci tutto quello che vogliamo. È come litigare con il proprio partner. Solo che quando litighi con il partner non ci sono telecamere, invece noi ogni tanto abbiamo telecamere che ci riprendono e ce ne dimentichiamo. Punto. Stiamo partendo con un tour che ci terrà impegnati fino alla metà del 2025. A proposito: ci hanno comunicato ora che le date del 9, 11 e 12 maggio all'Arena di Verona di Tutti per uno (dove si esibiranno anche il 13: dai primi tre concerti sarà tratto uno speciale che andrà in onda prossimamente su Canale 5, poi l'8 maggio dalle Terme di Caracalla di Roma partirà il tour nelle arene di tutta Italia, ndr) sono sold out».

Cosa avete preparato di speciale?

«Ci saranno amici e colleghi, ma è presto per parlarne. Stiamo chiudendo il cast. Dovremo riuscire a completare tutto prima di partire per l'Asia (dal 20 aprile al 2 maggio si esibiranno tra Cina e Giappone, ndr). Saranno serate tutte diverse. Ci piacciono le sfide. Infatti nel nuovo album ci mettiamo in gioco».

In che modo?

«Abbiamo voluto sperimentare diverse sonorità. Anche per capire quali sono le nostre potenzialità, i nostri limiti. Per la parte strumentale ci siamo ispirati a compositori come Ludwig Göransson e Hans Zimmer, cercando suggestioni cinematografiche. E le canzoni sono state scritte da autori pop come Michelangelo, Federica Abbate, Edwyn Roberts, Federico Nardelli. In Saturno e Venere duettiamo con Irama: una collaborazione nata da una bella amicizia e stima reciproca».

Un pezzo reggaeton o rap lo fareste?

«Chieda a Geolier se gli piacerebbe fare una canzone come Capolavoro e vediamo cosa risponde».

Com'è possibile che in quindici anni di carriera non avete mai proposto ai discografici di fare un disco tutto vostro, di brani originali?

«Non ne abbiamo mai sentito l'esigenza. Portare i grandi classici italiani in giro per il mondo: è stata, vuoi o non vuoi, la nostra comfort zone».

Quell'identità ha cominciato a starvi stretta?

«No. Rappresenta ciò che siamo. Ma dopo un po' ci dev'essere un'evoluzione. Non puoi essere sempre lo stesso. In questi quindici anni abbiamo fatto tante esperienze e oggi, a 30 anni, abbiamo idee più chiare sul nostro percorso. Il titolo dell'album riprende la locuzione latina: volevamo dire che attraverso i sacrifici si possono raggiungere tanti obiettivi. La nostra storia lo testimonia. Oggi tutti sperano di raggiungere grandi risultati con il minimo sforzo. Invece la nostra vita è stata fatta di sacrifici e critiche che lì per lì ci hanno abbattuto, ma poi ci siamo rialzati e siamo andati avanti per la nostra strada».

Che consiglio sentite di dare a un giovane collega come Sangiovanni, che ha deciso di prendersi una pausa, travolto dai ritmi dell'industria?

«In quei casi bisogna avere la forza di rialzarsi e la lucidità di circondarti di persone che ti aiutano e ti fanno crescere. Sangio è un ragazzo che ha bisogno del suo tempo, estremamente sensibile. Non deve demordere: tornerà più forte di prima».
 

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