Toti arrestato, le reazioni. Nordio: «Sono perplesso sui tempi della misura». Il Pd: «Ministro schierato»

Il dem Andrea Orlando: «Ora dimissioni». E le urne anticipate si avvicinano

Le reazioni, Nordio: «Sono perplesso sui tempi della misura». Il Pd: «Ministro schierato»
di Francesco Bechis
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Mercoledì 8 Maggio 2024, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 10:19

Sguardi attoniti, occhi fissi sugli smartphone, volti tirati. Per il centrodestra il caso Toti è un terremoto emotivo, prima ancora che politico. Scuote anche le opposizioni, sull’inchiesta che ha portato agli arresti domiciliari il governatore della Liguria si muovono in ordine sparso: garantisti al centro, Iv e Azione, all’attacco invece Pd e Cinque Stelle. «Toti tragga le conseguenze e si dimetta», mette a verbale di buon mattino Giuseppe Conte. Mentre dal Nazareno parlano di «grave promiscuità» e chiedono il passo indietro.

Carlo Nordio, il Guardasigilli, è tra i primi a commentare.

A poche ore da un delicatissimo incontro con l’Anm sulle riforme della giustizia, il ministro adombra un sospetto: «Ho esercitato quarant’anni da pm e raramente ho chiesto provvedimenti di tutela cautelare dopo anni di indagini». Quanto basta per innescare il botta e risposta con le opposizioni, già pronte ad accusare il governo di «doppiopesismo» dopo il polverone sul caso Bari, la richiesta di dimissioni a Decaro ed Emiliano. «Il ministro sembra parlare da avvocato di Toti, non certo come chi dovrebbe agire con leale collaborazione istituzionale», l’affondo di Debora Serracchiani dal Pd, «le sue sono parole sorprendenti». Nordio però non grida nel deserto. Ai piani alti del governo, man mano che gli stralci dell’ordinanza di custodia cautelare di Toti irrompono sugli schermi dei cellulari, si fa strada un sospetto, e insieme una parola inizia a rimbalzare: «Orologeria».

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Riecco l’accusa di una magistratura schierata, decisa a terremotare il governo a un mese delle Europee. C’è chi, come Francesco Lollobrigida, ministro dell’Agricoltura e cognato della premier, non ne fa mistero. Certo «le accuse sono pesanti», ammette, salvo sollevare il dubbio subito dopo: «Ho visto che queste lunghe indagini, credo d'aver capito tre anni, si concludono a 20 giorni dal voto con importanti arresti, abbiamo fiducia nella magistratura».

LA LINEA DEL PREMIER

È un continuo. Giorgia Meloni è raggiunta dalla notizia quando è già atterrata in Libia, i telefoni sono schermati dall’intelligence. Ma viene aggiornata passo passo, segue l’evolversi della vicenda. E sobbalza quando le riferiscono di una frase che le agenzie attribuiscono a Fratelli d’Italia, il suo partito. È di Matteo Rosso, il coordinatore in regione, che ad Affari Italiani, fatta una iniziale professione di garantismo, spiega che le dimissioni di Toti, il ritorno alle urne liguri «non si può escludere». Prontissimo e duro il richiamo dal partito di via della Scrofa, repentina l’inversione di marcia: «Massima solidarietà a Toti», rettifica poi. No, la linea ufficiale - almeno per ora, finché non si diraderà la nebbia sulle pesantissime accuse mosse dalla procura di La Spezia - è un’altra: attendere e confidare nella presunzione di innocenza.

 

LE REAZIONI

Il ministro della Difesa Guido Crosetto entra nel merito, «io leggo sempre le carte», confida di «far fatica a capire» le accuse, «io resto sempre un garantista». Idem Matteo Salvini: «Non mi basta l’iniziativa di un giudice per sentenziare che qualcuno è una persona per male».

È la linea di Antonio Tajani e Maurizio Lupi, leader di Forza Italia e Noi Moderati (di cui Toti fa parte) politicamente più prossimi al governatore nella tempesta. «Sono convinto che farà di tutto per dimostrare la sua innocenza», detta la linea il ministro degli Esteri. E Lupi rilancia: «Rincorrere le inchieste della magistratura riguardo al governo delle istituzioni è sempre sbagliato».

Forza Italia sospende Maurizio e Arturo Testa, due iscritti lombardi coinvolti nelle indagini e vicinissimi al coordinatore “fasciniano” in Liguria Alessandro Sorte. Intanto la Commissione Antimafia guidata dalla meloniana Chiara Colosimo chiede di acquisire gli atti. La politica tutta è spiazzata dal Liguria-gate. Nel Pd parla Andrea Orlando ed è lui, l’ex Guardasigilli, l’uomo coi riflettori addosso già designato per correre nel novembre 2025 in regione.

«Pare difficile che possa proseguire una esperienza di governo così fortemente colpita», dice del rivale Toti e suona come un avviso di sfratto, mentre le elezioni anticipate prendono corpo. Altri però sono più cauti. È «turbato e preoccupato» il deputato del Pd ligure Luca Pastorino che spiega: «Non mi sento di dare giudizi». E adesso? A destra montano due convinzioni. La prima, fatta trapelare da ambienti vicini al governatore: Toti non vorrà dimettersi di suo. Servirà una moral suasion - eufemismo - e il pallino sarà in mano a FdI e la premier. La seconda: in Liguria, vista la gravità delle accuse e un presidente agli arresti, il voto anticipato è adesso un’ipotesi molto concreta.

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