Torturatore di migranti in Libia arrestato a Milano

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«Un sadico». Così è stato definito da un migrante-testimone che sarebbe stato vittima delle sue «agghiaccianti» violenze, Osman Matammud, 22enne somalo (con il giubbotto marrone appoggiato al muro nel video), che gestiva in Libia una centro di raccolta di connazionali che sognavano di raggiungere l'Europa, fermato già nel settembre scorso dalla Polizia locale a Milano e da ieri destinatario di un'ordinanza di custodia cautelare in carcere, firmata dal gip Anna Magelli, per quattro omicidi, violenze sessuali su decine di donne e sequestro di persona a scopo di estorsione di centinaia di persone, tutti reati commessi in quel «lager».

«In 40 anni di carriera non ho mai visto un orrore simile», ha spiegato il procuratore aggiunto Ilda Boccassini, facendo riferimento ai racconti terribili di «torture», «sevizie» e stupri contenuti negli atti. Ora una decina di migranti, tra cui due ragazze minorenni violentate - le prime a riconoscerlo a Milano vicino alla stazione Centrale - sono pronti a testimoniare contro di lui anche in un incidente probatorio (fissato per venerdì prossimo), vogliono «il processo pubblico per lui» e potranno restare in Italia con un permesso di soggiorno per motivi di giustizia. «In un momento in cui fa trattati con i Paesi per la gestione dei flussi migratori, l'Italia deve chiedere il rispetto dei diritti umani», ha sottolineato il procuratore di Milano Francesco Greco.

A capo del centro libico di Bani Walid «per almeno un anno», gestito anche da altri trafficanti di uomini, Matammud si sarebbe poi nascosto su un barcone, ai primi di settembre, fino al suo arrivo in Sicilia, e dopo una sosta a Firenze, a Milano. Nel capoluogo lombardo, il 23 settembre, è stato visto da due ragazzine che, stando alle indagini, aveva stuprato in Libia e che erano ospiti dell'hub per migranti di via Sammartini. «È stato un caso», hanno messo a verbale, aggiungendo che un altro somalo «ci ha detto che era andato a prenderlo alla stazione perché dei suoi conoscenti somali da Roma gli avevano chiesto questo favore e che lui l'aveva accompagnato al cento di via Sammartini pensando fosse uno dei tanti profughi».

Quel giorno, appena riconosciuto anche da altri, rischiò il linciaggio e poi venne fermato dagli agenti della Polizia locale, guidati dal comandante Antonio Barbato. Nell'ordinanza del gip (i pm hanno chiesto l'autorizzazione al Ministero della Giustizia per procedere sui reati commessi all'estero) si possono leggere decine di testimonianze di vittime con i racconti delle torture subite in quello che è stato definito dal pm Marcello Tatangelo, titolare dell'inchiesta a cui ha preso parte anche il pm Luca Gaglio, «un campo di concentramento». «Quasi ogni notte veniva a prendermi per violentarmi», ha messo a verbale una ragazza somala, rimasta nel centro libico per quattro mesi. Altri testimoni hanno parlato di «ossa rotte», di «sacchetti di plastica incendiati sulla schiena affinché la plastica bruciata colasse giù», di una «stanza delle torture» e di persone uccise perché i loro familiari non erano riusciti a mandare ai trafficanti tutti i soldi. Tutte le vittime che sognavano soltanto un futuro migliore, come evidenziato dagli stessi pm, sono anche loro somali, a cui l'organizzazione di trafficanti di uomini (è stata diffusa la foto del presunto torturatore per avere altre testimonianze e ricostruire la rete) chiedeva 7mila dollari a testa per il viaggio fino in Europa (dalla Somalia all'Etiopia poi in Sudan e in Libia fino in Italia).

I migranti, come chiarito dai pm, nel «lager» - un capannone sorvegliato da guardie armate (dormivano tutti a terra, c'era un solo bagno) - venivano sottoposti a violenze terribili «perché facessero arrivare al più presto tutti i soldi». Chi non pagava alla fine veniva ucciso «anche a botte», perché «diventava solo un costo e le salme venivano lasciate in vista come ammonimento». Le violenze, tuttavia, erano anche «gratuite» e nei confronti di chi già aveva pagato. Soprattutto «le donne, infibulate, venivano stuprate anche prima della partenza». Matammud, poi, «torturava personalmente, anche con scariche elettriche». Un uomo la cui indole «appare riduttivo definire violenta», ha scritto il gip. Le violenze, oltre che da alcuni fotogrammi, sono state accertate anche con relazioni medico legali. La permanenza nel «lager» per i migranti poteva durare «dai 2 ai 7-8 mesi e comunque dopo un anno, se non pagavano, venivano uccisi».