Angelo De Mattia
Angelo De Mattia

L’analisi / I passi da fare per l’Unione dei mercati dei capitali

di Angelo De Mattia
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Sabato 27 Aprile 2024, 00:14

E' da diverse e crescenti parti che viene sostenuta l'essenzialità della realizzazione dell'Unione dei mercati dei capitali, anche per gli impulsi che vengono dalle proposte di Mario Draghi e di Enrico Letta e non solo su questa riforma. Si deve comunque tenere presente che di tale Unione si parla, sia pure senza compiere passi concreti, da quando, circa dieci anni fa, è stato lanciato a livello europeo il relativo progetto. Adesso, dopo che se ne è discusso recentemente nel Consiglio Ue, sia pure con posizioni non sempre convergenti, la tesi della riforma ha ripreso forza, partendo dai risultati che la sua attuazione potrebbe conseguire, innanzitutto per una migliore tutela del risparmio, per evitarne il deflusso fuori dall'Europa con l'attrazione di una migliore protezione , e per impiegare questa risorsa per investimenti nell'area al fine del suo sviluppo. Si fanno anche cifre di ipotetici riafflussi, tutte da controllare, quale quella di 33mila miliardi che ora prenderebbero la via degli Usa per l'inadeguatezza del mercato nel Vecchio Continente. Che gli obiettivi indicati di tutela e di impiego del risparmio siano fondamentali è indiscutibile. Naturalmente, gli ostacoli da affrontare non sono pochi e facilmente superabili. Prima ancora, è necessario assolvere ad una precondizione che non è di poco conto: il completamento dell'Unione bancaria, un progetto anch'esso varato circa dieci anni fa con un non esemplare Accordo intergovernativo del quale è stato realizzato compiutamente esclusivamente uno dei tre previsti pilastri, quello dell'accentramento nella Bce della Vigilanza bancaria. Solo parzialmente è stato, invece, attuato il pilastro della risoluzione delle banche in crisi, mancando un'adeguata dotazione di risorse del fondo di risoluzione - che ancora si pensa possa essere aiutato dal Mes in funzione di "paracadute" - mentre l'assicurazione europea dei depositi è di là da venire, considerato che i Paesi cosiddetti frugali pongono condizioni che vanificherebbero l'innovazione della garanzia comunitaria, a cominciare con il voler attribuire ai titoli pubblici un coefficiente di rischio o con il progettare altre misure con gli stessi effetti. Dato il ruolo delle banche nei mercati dei capitali, sarebbe illusorio passare al progetto dell'Unione in questione, lasciando appesa, invece, l'altra Unione, quella bancaria. Poi vanno affrontati, ammesso che si consegua il generale consenso nell'area, i problemi delle infrastrutture di diverso tipo e degli ordinamenti.

Omogeneizzare, a livello comunitario, il diritto commerciale e societario, ma ancor più il diritto tributario presupporrebbe uno stadio avanzatissimo dell'integrazione europea, essendo queste branche, in specie la materia fiscale, composte da regole alle quali si lega strettamente una parte fondamentale della sovranità dei singoli Stati. Una cessione di quest'ultima senza prevedere una effettiva compartecipazione degli Stati cedenti all'esercizio della più ampia sovranità europea non sarebbe accettabile. Prevedere queste discipline come se fossero un nuovo insieme di norme non di singoli Stati, ma a disposizione dei Paesi che vogliano operare nel nuovo mercato che, quindi, se d'accordo, opterebbero per questo nuovo ordinamento, non è affatto scevro da complessi problemi che andranno affrontati. Poi non bisogna dimenticare che tra l'Unione e la possibile crescita dell'economia esiste un rapporto biunivoco. Le risorse finanziarie gestite nel mercato dei capitali favoriranno l'economia reale, ma anche la necessaria crescita di questa costituirà un progresso del mercato. Da tale punto di vista si ripropone il problema delle politiche per la crescita, soprattutto in questo momento in cui la Bce rileva che le misure per osservare il Patto di stabilità nella revisione approvata in questi giorni avranno un impatto recessivo sul Pil tra lo 0,2 e lo 0,4 per cento in ogni anno tra il 2025 e il 2026. L'Unione in questione darebbe un contributo alla messa in comune di debiti alla corrispondente raccolta del risparmio e potrebbe rappresentare anche un fattore catalizzatore di un raccordo tra politica economica, politica monetaria e politica dei redditi avendo presenti le nuove opportunità per l'impiego del risparmio. Ma, come si è detto, i problemi da affrontare - e fra questi vi è anche la coerenza degli ordinamenti di ciascun Paese, dovendosi rispettare il principio di sussidiarietà - vanno chiariti per evitare la prospettazione di mete miracolistiche, ma al tempo stesso per spingere a lavorare intensamente per l'attuazione del progetto, compiendo la prima tappa con il completamento dell'Unione bancaria. Insomma, "per aspera" non "ad astra" ma "ad aspera" .

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