Terrorismo, chiesti 9 anni per Fatima e il marito. La lettera della sorella al padre: «Hai tradito noi e l'Islam»

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Il procuratore aggiunto di Milano Maurizio Romanelli e la pm Paola Pirotta hanno chiesto di condannare a 9 anni di reclusione Maria Giulia 'Fatima' Sergio, la prima foreign fighter italiana partita per la Siria per andare a vivere nei territori del Califfato. Stessa richiesta di pena anche per il marito, l'albanese Aldo Kobuzi.

Maria Giulia "Fatima" Sergio, la 29enne che viveva nel Milanese e che due anni fa è partita per la Siria per stare a fianco alle milizie dell'Isis, assieme al marito, l'albanese Aldo Kobuzi e ad altre tre persone, fa parte «della più pericolosa organizzazione terroristica del mondo», il sedicente "Stato islamico" e da lei, come dagli altri 4 imputati, tutti latitanti, «non è mai arrivata una marcia indietro, un cedimento, una rivisitazione critica».

Lo ha spiegato il pm Paolo Pirotta in requisitoria facendo presente che né la giovane, né il marito, né la "maestra" Haik Bushra (per loro tre sono stati chiesti 9 anni di carcere) meritano le attenuanti generiche. Attenuanti che non devono essere concesse, secondo la Procura, nemmeno a Donika Coku, madre di Aldo Kobuzi, e a Seriola Coku, sorella di quest'ultimo (per loro chiesti 8 anni). Le attenuanti, invece, possono essere concesse a Sergio Sergio, padre di Fatima, che stava per partire per la Siria «consapevolmente» ma anche su pressione delle «figlie cattive (Marianna Sergio è già stata condannata, ndr)».


«Tu ci hai sempre ingannato, hai fatto finta di essere un musulmano e ne risponderai davanti a Dio, pentiti davanti a Dio e all'unica religione che è l'Islam, tu che hai tradito anche la mamma». Sono le parole dure che Marianna Sergio, condannata per terrorismo internazionale a 5 anni e 4 mesi e sorella di Maria Giulia "Fatima" Sergio, ha scritto in una lettera inviata dal carcere, nei mesi scorsi, al padre Sergio Sergio, sotto processo a Milano, assieme alla figlia latitante, e ad altre quattro persone. Parte della missiva è stata letta in aula oggi dal legale di Sergio Sergio, l'avvocato Erika Galati, per dimostrare come «Marianna non cessi di esercitare il controllo sul padre» che, invece, «non vuole più avere niente a che fare con le due figlie ed è tornato a essere cattolico». La difesa, infatti, ha sostenuto nell'arringa che l'uomo, accusato di organizzazione del viaggio per finalità terroristiche (è stato arrestato nel luglio 2015 con la moglie, poi morta, e con Marianna), è stato «plagiato dalle figlie».

Sergio Sergio, ha chiarito il legale, «non si è mai dissociato da loro perché per il suo stato mentale e di persona semplice era incapace di opporsi, ma lui non voleva andare a fare la guerra in Siria, voleva solo ricongiungersi con la figlia Maria Giulia, che è malata, lui cercava un progetto di vita alternativo a una vita che qua non aveva più». Il legale ha anche evidenziato che nella lettera Marianna scriveva che i genitori erano stati «convinti» a partire per la Siria da lei e dalla sorella. Per la difesa, dunque, l'uomo va assolto «perché il fatto non costituisce reato». L'avvocato Anna Maria Saporito, che rappresenta gli altri cinque imputati latitanti, tra cui Fatima, ha chiesto per loro l'assoluzione «perché il fatto non sussiste o non costituisce reato». Ha spiegato, infatti, in sostanza, che «è necessaria l'effettiva pratica della violenza» per contestare il reato di terrorismo internazionale, mentre «non è sufficiente la semplice idea eversiva e quelle di Maria Giulia erano soltanto parole, parole forti, ma pur sempre parole».